Conflitti della modernità
Nella storia del pensiero filosofico della modernità europea uno schema espositivo ha dominato a lungo nella descrizione della relazione tra passioni e ragione: le prime sono espressione della vita organica, tendenzialmente inconsapevole e pulsionale, e perciò stesso del tutto irrazionali. La vita spirituale, al contrario, è segnata dal prevalere della razionalità e dal suo dominio. Laddove passioni, là assenza di ragione e, dunque, crisi. Laddove ragione, là governo degli affetti. È uno schema che sarebbe entrato profondamente in crisi alla fine del diciannovesimo secolo, quando la rivolta contro il paradigma razionalistico prendeva forma e la filosofia cominciava a tematizzare la costitutiva appartenenza del mondo pulsionale e passionale all’orizzonte della soggettività. Si tratta di un passaggio che si compie quando la cultura europea si avvede del fatto che la potenza costituente del mondo non razionale non è più governabile mediante il suo controllo coatto, che questo venga espresso nelle forme della sovranità statuale o in quelle del dominio etico delle passioni. Nella prima parte del libro (Metafisica, passioni e modernità) vengono presi in esame classici del pensiero filosofico europeo che si misurano con il tema delle passioni. La crisi della prospettiva classica si consuma pienamente nel Novecento, della quale si prova a fornire una traccia nella seconda parte del libro (Paura e politica. Il Novecento e la crisi).
A cura di Marina Lalatta Costerbosa
Gli autori: Alberto Burgio, Francesco Cerrato, Marina Lalatta Costerbosa, Gennaro Imbriano
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