L'autorità dell'anticorruzione
L’istituzione progressiva, perfezionata solo nel 2014, nell’ordinamento italiano di un organo ad hoc per il contrasto alle pratiche di c.d. maladministration ha da subito animato un intenso dibattito, non solo in ambito scientifico ma anche nell’agone politico e nelle stanze – più o meno segrete – delle burocrazie statali.
In effetti l’Anac – in virtù della consistente dotazione di poteri e dell’estrema ampiezza del suo mandato – è stata immediatamente percepita come un novum nel contesto del nostro sistema costituzionale, irriducibile persino a quella che si credeva fosse la frontiera estrema dell’elasticità organizzativa degli apparati pubblici, le c.d. Autorità indipendenti.
Lo studio – che ambisce a presentarsi come una delle prime trattazioni organiche del fenomeno – mira a razionalizzare tale sensazione diffusa muovendo soprattutto dalle caratteristiche strutturali, più che funzionali, degli atti che tale apparato emana.
In tale prospettiva analitica emerge infatti il nodo dell’autorità – intesa come aspettativa di obbedienza incondizionata – degli atti dell’Anticorruzione; autorità che riposa, in ultima analisi, non tanto sulla razionalità della legge quanto sulla credibilità garantita dal profilo personale dei commissari e dalla forza di un diffuso consenso sociale diretto – su impulso prevalente del diritto sovranazionale – a combattere la corruzione «ad ogni costo» e «costi quel che costi».
di ANTONIO RIVIEZZO
I Quaderni de "Lo Stato", collana di Scienza Costituzionale e Teoria del diritto
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