La dimensione giuridica in Dante Alighieri
Il saggio prende spunto dall’opera giovanile di Kelsen Die Staatslehre des Dante Alighieri nella quale Dante venne definito «uno studioso di diritto pubblico» e di riflesso la Monarchia «un’opera scientifica di diritto pubblico». Una tesi apparentemente disallineata rispetto alla acquisita convinzione secondo cui non risulta che Dante si sia dedicato specificatamente a studi giuridici, ma avvalorata da tutta una serie di studi più recenti che dimostrano come invece nella Monarchia (e non solo in essa) siano ravvisabili l’impiego accurato della concettuologia giuridica e la conoscenza di una serie di istituti propri del diritto comune.
Lo studio ha appunto lo scopo di ripercorrere i filoni giuridici che in Dante compongono una tessitura la quale lega in un rapporto osmotico e dunque ordinamentale giustizia, diritto e Imperatore, in cui quest’ultimo ha una funzione costituzionale che si invera nel “dare e dire” il diritto e con ciò assicurare la pace sociale. Nello stesso tempo, la primazia dell’Impero si salda con la (e deriva dalla) primazia della legge divina e della legge naturale.
La controprova della presenza di una dimensione giuridica è data dal fatto che il messaggio di Dante trovò sviluppo nella raffinata e altissima dottrina di Bartolo da Sassoferrato e tutt’oggi, soprattutto per quanto riguarda l’idea di una universale res publica delle genti, costituisce motivo ispiratore sia di teorie sia di istituzioni.
Collana Piccole Conferenze
GIUSEPPE MORBIDELLI
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